LA GEOMETRIA ROMANTICA DI LÉOPOLD HUGO 

Nicolas Witkowski . 2003
arteideologia raccolta supplementi
made n.17 Giugno 2019
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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1 giugno 1885: Parigi onora con funerali di stato il grande Victor Hugo.
Dall'Arco di Trionfo al Pantheon, una folla oceanica e muta segue la bara scortata da uno squadrone di cavalleria.
II conte Léopold Hugo (1828-1895), nipote del poeta, ha preso posto tra i familiari. Porta a tracolla un enorme cesto di vimini di cui rifiuta ostinatamente di sbarazzarsi.
Quando il corteo supera il ponte della Concorde, Léopold si fa largo tra la folla e sale i gradini dell'Assemblea nazionale. Un frenetico sbattere di ali si mescola al rumore degli zoccoli dei cavalli: Léopold ha liberate centocinquanta colombi!
Migliaia di facce sbalordite si voltano a guardare il cielo.
Quanti erano venuti a rendere omaggio a Victor assistono, senza saperlo, all'ultimo atto pubblico di Léopold, che di fatto, quasi la sua opera fosse indissolubilmente legata a quella dello zio, non produrrà più nulla sino alla morte.
L'ex allievo di Horace Vernet, traduttore al Ministero dei Lavori pubblici (Dipartimento di statistica ferroviaria) smetterà di dipingere e di scolpire (Léopold ha esposto al Salon del 1877 un marmo intitolato Electryon, genio dell'elettricità terrestre, e il museo Victor Hugo di Place des Vosges conserva una cartella di suoi disegni) e non frequenterà più la Societa matematica di Francia, di cui e stato uno dei primi membri.

Léopold era un matematico. Ha addirittura, all'insaputa di tutti, riformato la geometria.
Tutto è cominciato colla passione per l'archeologia. Una breve nota all'Académie des sciences ci informa che Léopold ha scoperto alcuni dodecaedri antichi (in bronzo) al museo di Chalon-sur-Saône e diversi poliedri egiziani (in avorio) al British Museum.
Ma il nostro amatore di poliedri e di cristalli constata presto l'assenza di tutta una nuova classe di solidi, a metà strada tra i poliedri (a facce piane) e le quadriche (sfera, elissoide, ecc.): i poliedri a facce curve! Léopold li battezza "cristalloidi", li enumera e ne calcola superficie e volume.[1]

L'equidomoide è una sfera costituita di fusi, l'equitremoide ricorda il retro di una pagoda e il paradomoide il coro di una chiesa romanica. Il paratremoide, infine, a moltiplicare il numero dei suoi lati, dà un'interessante struttura "vellutata".
Ma Léopold non si ferma a questo "onesto esercizio alla portata di un liceale" [2] e sbotta: perché i geometri si interessano così poco all'equidomoide e tanto alla sfera, che pure è soltanto - qualcuno può negarlo? - un equidomoide degenerato?

Vedere nella sfera un grande Pan che si sostiene solo e isolato nel cielo geometrico! Un corpo sacrosanto che solo un rispetto superstizioso ci impedirebbe di sezionare? No, mille volte no!

Ci sono molti modi di far trionfare un'idea nuova. All'austera dimostrazione matematica Léopold preferisce l'incantamento epico e scatena una tempesta tanto violenta quanto inattesa nello spazio sereno dell’astrazione matematica: 

La nuova dottrina cristalloidale si è manifestata all’improvviso, simile a una meteora folgorante, nel cuore del vecchio mondo geometrico. Non dimentichiamo che quando parla, la geometria elementare comanda.

Léopold sa bene che "attentare alla maestà della sfera non è cosa da poco", ma "scomunica" la sfera in quanto non filosofica:

0 Gutika nistala !
Tu, l'orgoglioso mandala indosanscritico, il Mithra mesites asiatico, il tipo a lungo venerato dai nostri vecchi Elleni, sappi, archimediana infatuata, Sfera gonfiata di sufficienza, non sei altro che un...sub-equidomoide !
Viva l'antisfera! Evviva I'Equido anteriore e superiore !
Cristalloids and equidomoids for ever !

Perché tanto odio? Perché la sfera non esiste. I corpi astronomici stessi sono degli "elidomoidi discoidali" e “lo stato perfetto nella natura è lo stato poligonale".
Ne è prova il fatto che gli equidomoidi sono dappertutto, specialmente a Parigi, "la citta piu equidomoidale del mondo".
Léopold ne ha contati diciotto, di cui tre alla Trinité, cinque a Saint-Augustin e uno al Tribunal de commerce.
 

La sfera è stanata, basta con l'autocrazia!
La sfera è polverizzata.
Ecco la pura scienza geometrica, gallo-druidica del nostro sommo sacerdote .
LÉOPOLD MAB ABEL
che sgozza sfera sotto il vischio sacro ! 

Gli accademici cominciano a preoccuparsi, il suo editore Gauthier-Villars anche.
Che importa! Léopold, "semplice bascibozuk" della scienza, pubblicherà ormai a sue spese plaquette dedicate a Ipsicle, "vecchio maestro alessandrino", e a Galileo Galilei, "nobile pisano, nunzio sidereo".
E poiché la scienza francese finge di ignorare i suoi attacchi, si improvvisa avvocato dela sfera;

Non ascoltate quel burlone di equidomoide, che pretende di demolire la nostra sfera e vorrebbe silurare Archimede! Lanciamoci tutti sull'eccentrico e prendiamolo a randellate! 

La risposta, sotto forma di "inno egizio", è immediata e grandiosa: 

0 Scha em scha
0 potente e sempiterno Nuter
Tutti gli arpedonapti, gli ierogrammati e Ie profetesse,
tutti i basilicomagiati, gli odisti e i necromanciati,
i magicisti e i faraogrammati,
tutti i sovrintendenti alla costruzione e i maestri d’opera,
tutti i matesici, i gromatici, gli archigeometri, i nilometri e gli agrimensori,
tutti adorano il tuo orifiamma, il taoer Maut delle sacrebandiere ! [...]
Salve! 0 Equidomoide,
rivelato da Thoth, descritto da Hugo-Imhotep, figlio di Ptah !

Il destino di quest'opera dimenticata, buona giusto a servire da intermezzo farsesco (in Jean-François électricien [Jean-Francois elettricista] il divulgatore Pierre Rousseau tratta Léopold da "mattacchione"), sarebbe stato segnato, se un matematico di vaglia, Maurice d'Ocagne (1862-1938), in un libro di "conversazioni" intitolato Hors des sentiers d'Euclidc (Fuori dai sentieri di Euclide - 1928) non gli avesse reso pieno omaggio. Dopo aver citato alcune tra Ie tante tirate leopoldine, questi esclama: "Se dopo tutto ciò non vi sentite colti da una misteriosa ammirazione per la dottrina equidomoidale [...], lasciatevi dire che l'entusiasmo non è il vostro forte!".
Pur apprezzando in tutto il suo valore lo stile del nipote (Léopold), tanto vicino a quello dello zio (Victor) - per quanto riguarda, almeno, i punti esclamativi ("Ogni sillaba era fatta di millegridi, e io sentivo: Saul! Omar! Ivan! Clotario!") - gli nega infine la gloria di aver creato "la scuola romantica della geometria". Chasles, sì; Poncelet, forse; Léopold, invece, resta "uno pseudomatematico romantico".
Amen.
Ma la tesi "hugodomoidale" era davvero delirante come sembra? Tl suo odio per la sfera e il suo amore per i poliedri fanno di Léopold qualcosa di più di un gentile rappresentante (a tre dimensioni) della razza prolifica dei quadratori del cerchio, particolarmente nutrita alla fine del secolo XIX, in pieno delirio positivistico.'[3] Léopold, don Chisciotte equidomoidale, affronta infatti il grave e difficile problema del continuo in matematica. 
Nulla di più naturale del mio poligonismo infinito [...]. In realtà,  la traiettoria RETTILINEA di ogni molecola, cessando di essere collegata all'asse del movimento, mostra chiaramente che l'elemento rettilineo e tangenziale è allo stato latente nella curva rotatoria e resta, in natura, semplicemente dissimulato sotto la forma infinidioica.

Nel 1913, a quasi vent'anni dalla morte di Léopold, il fisico (e premio Nobel) Jean Perrin si porrà la stessa domanda, a partire da considerazioni analoghe circa il moto, cosiddetto browniano, delle particelle di materia su scala microscopica. "Le curve molto regolari, per esempio quelle del cerchio, sono casi interessanti ma particolari [...]. La nozione di continuo risulta da una scelta alquanto arbitraria della nostra attenzione fra i dati dell'esperienza", scrive nella prefazione della sua opera Les atomes -  prefazione celebre, perché contiene il famoso problema della lunghezza delle coste della Bretagna (misurata su una carta, tale lunghezza aumenta a mano a mano che aumenta la scala della carta e che appaiono nuovi dettagli [4]), che sarà ripreso qualche decennio dopo dai teorici dei "frattali". Queste curve irregolari avrebbero fatto la gioia di Léopold, per il quale "il feticismo della figura circolare rende la geometria guercia".

Mancando con ogni evidenza delle basi matematiche che gli avrebbero permesso di fondare davvero una geometria nuova, Léopold ha nondimeno prodotto una "letteratura matematica" assai innovativa. II suo stile, fatto di ritmi spezzati, discontinuità, incessanti passaggi da una lingua all'altra, è perfettamente adeguato ai cristalloidi che descrive: la sua opera, inclassificabile sul piano scientifico ma inimitabile su quello estetico, si libra, strana bolla cristalloidale, nel cielo della matematica.

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[1] . Leopold Hugo, La théorie des cristalloïdes élémentaires. Gauthier-Villars, Paris 1867.
[2] . Raymond Queneau (1963), "Un Hugo geometra”, tr. it. in Segni, cifre e lettere, Einaudi, Torino 1981. Nel 1907 il matematico Emile Fourrey dedicava un capitolo a Léopold nelle sue Curiosités géométriques:  "Géometric hugomoïdale".
[3] . André Blavier, Les fous littéraires, Editions des Cendres, Paris 2000.
[4] . Benoît Mandelbrot, Oggetti frattali.  tr. it. Einaudi, Torino 1987